L'Arte Singolare
L’occasione offerta dalla straordinaria esposizione voluta dalla Associazione ANFFAS Roma Onlus deve guidarci a riflessioni attente ed inconsuete, perché questa iniziativa attraversa il territorio della politica riabilitativa verso persone con disabilità intellettiva e relazionale, coniugandolo con l’universo della creatività.
Sette artisti romani hanno lavorato a fianco di sette assistiti del Centro di via Vitellia 31b, e per un lungo periodo hanno scambiato emozioni, esperienze, hanno prodotto insieme opere inevitabilmente tra loro contaminate.
Sono le mie le note di un osservatore coinvolto, senza scienza, che tenta di dare spazio al cuore.
Con umiltà e qualche presunzione.
Perché alcune cose sappiamo.
Che nel 1947 Jean Dubuffet, insieme con Andrè Breton, fonda la Compagnie de l’Art Brut, così definendo l’attività creativa di “artisti loro malgrado” che creano senza intenzioni estetiche.
È un’arte che si ignora, che non conosce il proprio nome, prodotta dalla ebbrezza creativa senza alcuna dichiarata destinazione. Lontane da interessi commerciali e senza referenti culturali precostituiti, le energie della volontà di rappresentazione si liberano verso gesti primari e valori cromatici spontanei ed essenziali.
Non so dire se, in questa mostra, si torni o piuttosto non si giunga verso capacità espressive dimenticate, sepolte dal peso di Accademie spesso senza ragione, da modelli culturali precostituiti.
Una pittura arcaica, che restituisce valore alla purezza del segno e alla dotta ignoranza delle regole del colore, certamente mitigata dalla assistenza complice degli artisti che hanno accettato di compiere questa missione di affiancamento, di guida soffice e non invasiva, ricevendo in cambio preziosi suggerimenti dalla ingenua creatività dei ragazzi, dalla loro purezza percettiva.
Una ingenuità feconda ed immaginativa che rende possibile la trascrizione del paesaggio della propria mente, che lo trasferisce dalla confusione di un pensiero disturbato alla rivelazione della sua evidenza sulla carta o sulla tela.
Se volete, la fine, il compimento di una ricerca nell’inizio di una avventura mentale, dove la capacità di meravigliare vive insieme con quella di meravigliarsi.
Un viaggio da fare insieme alla ricerca dei personaggi necessari, delle complicità emotive, per popolare di segni, di sogni e di figure lo spazio vuoto, il teatro silenzioso a volte ed altre volte rumoroso della propria mente.
Lontana è l’esperienza surrealista, la teoria freudiana sui sogni e la loro interpretazione, la trascrizione automatica della surrealtà: assenti sono i modelli, i portati inevitabili del sapere spesso ingombranti e carichi di memoria.
Breton riteneva si potesse esprimere il funzionamento reale del pensiero liberandolo in un automatismo psichico puro ed affidava al sogno ed alla sua ricostruzione irriflettuta il luogo privilegiato della creazione artistica.
La libera associazione di idee e le casualità dei Cadavres esquis possono sfuggire al desiderio di ricostituzione di una estetica del “bello”?
Chissà? Forse no.
Con la guida attenta di sette artisti, sette assistiti del centro diurno di riabilitazione sono stati accompagnati verso questo processo creativo e liberatorio, in un meccanismo collaborativo programmato e continuato: tutors e compagni di viaggio insieme, in una autonomia controllata che ha condotto questi artisti singolari verso quello stato di grazia che gli ha permesso di superare, di trascendere sensazioni, pulsioni, sogni e fantasmi, che li ha resi protagonisti nel teatro di una conoscenza intuitiva ed universale, aprendo loro finestre e scenari insospettabili.
I nostri ragazzi con le loro opere vagabondano nei campi dell’immaginario, aprono le porte dello sconosciuto, trasformano aggrovigliate condensazioni di materiali incongrui in veri gioielli di immagine, in una ricerca di un ordine diverso.
Fornendo una ulteriore prova di quali e quanti valori si nascondano al di là delle cose ben dette, ben pensate e ben fatte.
La singolarità di questi ragazzi mi affascina, nella alta accezione di ciò che ti distingue dagli altri, per la particolarità dei loro tratti, dei loro caratteri, della loro ineffabile carica poetica.
Ecco quindi che le opere dei nostri ragazzi e dei loro accompagnatori, Jacopo Mattia Alegiani, Giovanni Angelini, Marco Brandizzi, Antonio De Pietro, Fabrizio Ferrazzoli, Sergio Fioretti, Giorgio Fiume, Giuseppe Fuortes, Luigi Meloni, Carlo Montesi, Mario Moreschini, Franco Nuti, Ermanno Sinisi e Serge Uberti ci vengono in soccorso, ci confortano nella speranza che la creazione pura e solidale si affermi sempre più come valore fondante della società civile e ci ponga nella condizione privilegiata di essere cittadini dell’intero pianeta e testimoni attivi di quel rinnovamento etico delle coscienze di cui tutti noi dovremmo avvertire l’esigenza.