Forma, contenuto, tecnica
Società, comunicazione, ma anche Arte “spazzatura”, o pattumiera? E’ con questa spavalda formula, in parte ironica e provocatoria, che Franco Nuti pone il quesito e si presenta alla sua recente personale nella Galleria 5 55.
I riferimenti a “papà” Duchamp sono ouverture, attacco, poetica forti nei lavori dell’artista romano: tele sovrapposte, rovesciate, impacchettate, o fasciate; in attesa di provocare il tempo avvenire. Questo, a volte, sembra il compito delle cose mute, e del silenzio. A parte il debito verso quegli artisti concettuali, fratelli maggiori, quali Paolini, Kounellis, Merz; avendo Nuti tanto da pagare a un passato comunque stimolante. Ma le opere superano la soglia del déja vu e si situano, in tutta freschezza e forza d’apparizione, nel presente che diviene, inaspettatamente, committente-compartecipe e spiazzante di tale arte e creazione. Sembra proprio che Nuti, nel bloccare come in un fotogramma il tempo presente, voglia consegnare del vissuto le materie, i rifiuti, gli avanzi e l’inutile – sottile e tautologico dell’arte. Il quadro, insomma, che, soprattutto al rovescio, diventa raccoglitore di memoria; “scatola” preziosa e incantata che, a sua volta, incanta.
In tale produzione, il tempo e lo spazio si annullano in una rigorosa espressione di significanti rovesciati, assemblati nello scardinamento di bellezza ideale. Le opere, senza titolo, diventano paesaggi interiori, forse interiorizzati; essenza di uno spettacolo multiforme.
E l’artista raccoglie, in artificio, la confusione ma anche il disagio del tempo presente, facendo dell’opera, eloquente e fin troppo speculante, testimonianza del proprio essere. Curioso ribaltamento di tela e colore che assurgono, nella ridente ironia dell’autore, a citazione energica degli ingredienti necessari per fare un quadro; diventando a mo’ di segno, supporto e legamento, di opere sicuramente riuscite. Come per il testo introduttivo di Giuditta Villa: “nell’orizzontalità di un vissuto, irto di ostacoli si inscrivono innumerevoli i quesiti morali ed in qualche modo etici: Forma, Contenuto, Tecnica adottate acquistano una vibratilità materica nelle quali si specchia la Vita”.
Così, nel divenire immanente, il sorriso dell’arte continua a sorprendere e ad accompagnare in leggerezza senza frastornare, ma recando in sé frastuono. E di tale ritmo e musicalità, anche costanti assonanze, è comunque invaso l’intero lavoro.