L'Arte per la terapia
La gestione del biennio specialistico di Arte per la terapia fu anch’essa molto lunga. Risulta dall’incontro fra la critica d’arte militante Barbara Tosi, professore di Storia dell’arte all’Accademia di Roma, e l’artista Franco Nuti, professore abilitato di disegno nella scuola secondaria, che a partire dall’aprile 1998 lavora presso un centro diurno per disagiati psichici. Come nell’esempio precedente riguardo all’indirizzo curatoriale si tratta anche di definire una figura professionale nuova nel limitato panorama del mondo del lavoro. L’intestazione innovativa «Arte per la terapia» si differenzia già nel titolo da ogni altra iniziativa, che si riferisca all’Arte-terapia. La differenza fra i due orientamenti è che l’«Arttherapy», diversamente dall’Arte per la terapia, nasce dalla psicologia e dalla psicanalisi62.
E’ opportuno citare quanto scrive Barbara Tosi in proposito63.
«Non ho mai avuto simpatia e tanto meno attrazione per il binomio follia e arte. Tutti i numerosi casi che esistono nella storia dell’arte, servono ad alimentare questa forma di dannazione, che appare quasi una formula. Da Van Gogh a Ligabue, si possono costruire idee sull’arte del tutto inappropriate, che non fanno altro che confondere sul lavoro dell’artista e che possono indurre a pensare che non c’è arte se non c’è follia e che follia è sinonimo di chissà quale artisticità. E’ vero che alcune e differenti patologie hanno afflitto molti grandi artisti, (…) se tutto questo è reale è altrettanto vero che, ai fini del prodotto artistico, patologie ed abusi di sostanze stupefacenti risultano come elementi marginali e di scarso interesse, ai fini della valutazione dell’opera stessa, mentre invece alimentano sostanzialmente i fatti di cronaca ed i pettegolezzi. L’opera, quella destinata a restare nel tempo, sbiadisce i suoi connotati di cronaca mentre mantiene forti e vividi solo gli aspetti legati alla storia ed al suo tempo (…). L’idea romantica della figura d’artista maledetto, nata nel XIX secolo si protrae, impropriamente nel secolo successivo e permane come una equivoca piaga, che guasta l’immagine dell’arte, allontanando il grande pubblico da essa, oppure, in modo paradossale, il grande pubblico può avvicinarsi all’arte solo se garantita dalla “maledizione” (leggi follia o droghe) dei suoi autori, alla maniera di quegli aristocratici che ancora nel XVIII secolo visitavano la «cage aux folles», come zoo umano. Il binomio Arte-Follia ha addirittura un pubblico ed un mercato di opere di una qualche consistenza (…). Quello che credo sia importante rilevare è che creare, produrre arte, ovvero opere, è sostanzialmente una forte esigenza dell’individuo artista; una necessità rispetto alla quale egli non può venir meno. Questo forte imperativo determina nell’artista l’insorgere di una ferrea disciplina tutta rivolta e dedicata al compimento del suo lavoro. L’artista, per considerarsi tale, risponde a regole ed orari ferrei più esigenti di qualsiasi datore di lavoro, il quale, se pretende il timbro di un cartellino per l’orario di servizio, risulta essere un buon e comprensivo padrone rispetto al tirannico potere esercitato dalla poetica dell’artista e dal suo stesso volere.
L’arte va conosciuta, non solo, nel suo svolgimento attraverso la storia, ma anche nel suo fare e quindi nel sapere e praticare tecniche d’ogni tipo fino ad estenderle in un insegnamento mirato a quegli allievi di tipo specifico, ovvero ai disagiati mentali, ospiti dei laboratori dei Centri di salute mentale. Indurre la creatività, convogliarla nella libera dimensione individuale, ma nello stesso tempo, sostenuta dalla conoscenza profonda sia delle tecniche, ma anche di ciò che significa e comporta la creazione di un’immagine, ovvero di tutto quello, che essa contiene in consapevolezza e non, questo è il fine del biennio specialistico di Arte per la terapia.
Non a caso il corso possiede questo titolo e non quello più in uso di arte-terapia, in quanto l’azione maieutica esercitata a fini creativi dal direttore artistico del laboratorio, nonostante l’esito di effetti terapeutici sugli allievi, non potrà mai considerare pazienti i propri allievi, in quanto l’unica figura professionale, che sarà in grado di farlo è quella dello psichiatra. Questa sostanziale e determinante distinzione non è stata sottolineata, ma soprattutto pensata per un fine polemico e tantomeno di giudizio nei confronti dell’arte-terapia. Sin dall’esordio e nel corso del tempo l’arte-terapia ha svolto uno straordinario e valido percorso ottenendo risultati di grande esito. Ha delineato e puntualizzato metodologie di approccio a tutti coloro che ne avevano bisogno (…).
Credo, piuttosto, che con il passare del tempo, sia ora necessario costruire figure professionali nell’ambito dell’arte terapia più mirate e preparate a svolgere attività ed azioni sempre più qualificate (…). Per questo motivo il corso ha la denominazione di Arte per la terapia. Chi produce arte, chi la esercita, con la consapevolezza di nozioni e tecniche acquisite, è provvisto di basi solide in modo tale che, mentre coltiva e pratica la propria creatività, è in grado, più di ogni altro, di indurla, in tutti i soggetti, che da quella pratica possano trarre beneficio, dal momento che la fantasia o l’estro non possono essere materia di insegnamento. E’ a questo punto che l’arte diventa strumento per la terapia. La piena attuazione del processo creativo nell’allievo-paziente, non è detto che dia vita a forme nuove ed inedite oppure che tutti i prodotti abbiano statuto di opere, è probabile che in alcuni casi accada e questo riguarderà la storia e la critica d’arte, ma ciò che avviene sicuramente è che si potrà riscontrare un effetto terapeutico sull’allievo, valutato quindi dal giudizio clinico del medico che lo segue (…)».
L’Arte per la terapia64 sottolinea quanto e come la figura, la pratica e il sapere dell’artista possano agire con proficuo effetto nell’ambito del disagio psichico. Accanto e diversamente dagli educatori professionali permette al paziente di agire nell’arte con libertà di espressione attraverso l’esperienza del mestiere di artista. Lo studente, già diplomato (laurea triennale) in un settore artistico, in qualsiasi degli indirizzi presenti in accademia, perfeziona, durante il corso, le sue qualità orientandole non verso una didattica dell’arte, ma piuttosto verso la capacità di suscitare e liberare la fantasia del paziente per coadiuvare i medici specialistici. Con competenze e ruoli ben definiti la nuova figura professionale diviene, in questo modo, una colonna portante nell’ambito del difficile lavoro della terapia per il disagio. Ha una funzione maieutica di liberazione. E’ importante che, grazie all’attenzione rivolta con queste modalità, i disagiati si sentano trattati come persone ma non come pazienti. Mentre con il metodo dell’Arttherapy sono gli psicologi che utilizzano un medium qualsiasi, gestualità, musica, etc.
Vista la novità65 dell’impostazione è necessario riflettere e rispondere agli interrogativi e talvolta alle divergenze dei punti di vista. Per inquadrare meglio gli obiettivi di questo biennio, è utile elencare quali sono le cause che generano eventuali confusioni tra i settori che attendono al disagio psichico.
Innanzitutto il fatto che esista già l’«Arttherapy» nata nei contesti della psicologia e della psicanalisi. Con l’Arte per la terapia siamo in due ambiti, l’arte da una parte e la terapia dall’altra, che non rispondono a dei criteri predefiniti. Per quanto riguarda l’arte, basta pensare a tutti i dibattiti, agli scontri inerenti alla questione artistica per dare l’idea della sua complessità. Quello che emerge anche dall’osservazione comparativa delle istituzioni, oggetto di questo testo.
D’altra parte la stessa situazione intricata concerne la psiche umana, con le varie professionalità che si confrontano nella cura delle sofferenze psichiche. Conosciamo tutti i contrasti notevoli che hanno caratterizzato il dibattito interno alla psichiatria e alla psicanalisi.
Dal punto di vista pedagogico la difficoltà sorge quando si vuole unire le due sfere. Perché in accademia? Le accademie italiane comprendono nella loro offerta pedagogica tutte le possibilità espressive alle quali uno studente può attingere per raggiungere un certo livello del sapere nell’ambito artistico, dal punto di vista pratico teorico e storico. Questo bagaglio di conoscenze non è intercambiabile con un altro settore, nel nostro caso con la terapia, come non lo è con la storia, la filosofia, etc., anche se ogni campo si nutre dell’altro. Per quanto riguarda gli obiettivi professionali è molto importante, oltre che lapalissiano, avere la consapevolezza di questa differenza. Si tratta del consolidamento della professionalità di ciascuno.
Ma ci sono altri motivi che portano a questa confusione. Perché?
1) Per ragioni storico-culturali. Nella lettura dell’opera d’arte talvolta si ricorre alla psicologia per dare un’informazione supplementare che riguarda l’artista e la sua opera, da non confondere con la sua interpretazione.
2) Esistono notevoli scambi fra le personalità del mondo della psicanalisi e della psichiatria e gli artisti. Conosciamo l’interesse per le immagini, e la loro capacità ad esprimere qualcosa del mondo, di Freud (Michelangelo e Leonardo), di Jung (i simboli e le alchimie delle delle immagini) di Binswanger (Manierismo) senza dimenticare lo scambio epistolare tra lo stesso Binswanger e il più grande storico dell’arte del XX secolo Aby Warburg, che ha rivoluzionato la lettura dell’opera e delle immagini66.
Potremmo citare altri esempi come l’affascinante analisi lacaniana di due sculture del Bernini, la Beata Ludovica Albertoni e Santa Teresa.
Ma questa cultura appartiene all’elaborazione intellettuale di ognuno. Qui si tratta di una programmazione degli studi che ha come obiettivo l’assunzione disciplinata delle libertà espressive come fattore di liberazione, fondata sull’apprendimento delle tecniche volte a migliorare le qualità relazionali attraverso forme che per tradizione sono foriere di emancipazione.
Per illustrare concretamente il nostro proposito è opportuno dare alcuni esempi dello svolgimento dell’inquadramento degli allievi-pazienti e di una didattica mirata destinata ai tirocinanti.
Franco Nuti67, direttore didattico del Centro diurno per diciotto anni68, imposta la relazione con i frequentatori sulla base di principi essenziali che riassumiamo brevemente. Innanzitutto occorre curare l’accoglienza, in modo da creare un contesto gradevole. Durante le esercitazioni l’artista privilegia alcune tematiche e situazioni, come il sé e l’altro da sé, lo sviluppo individuale e di gruppo, l’ascolto della musica, gli stati d’animo, i sensi, la concentrazione, la lunga durata, fino a 4 mesi, la ripetizione di un esercizio (cinque volte in cinque giorni), la conversazione intorno ad un tavolo dove sono disposti i lavori di piccole o grandi dimensioni69. Si tratta di adottare una metodologia che induce la persona a rispettare le regole, ad osservare una disciplina comune – iniziare e finire a una certa ora -, grazie alla quale ciascuno ha un suo spazio nel commentare gli elaborati di tutti.
Nel corso di Progettazione per la pittura che comprende studenti in pittura e studenti del biennio di Arte per la terapia, la docente e artista Donatella Landi70 opera a partire dall’esperienza di Robert Morris (1931-), sui cicli di pittura bendata del minimalista americano. Gli studenti lavorano per periodi di dieci minuti con gli occhi chiusi. Lo scopo è che siano totalmente concentrati nell’indagare uno spazio interiore. Poi alla fine si fa una discussione sul lavoro. Si nota quanto è faticoso essere concentrati e far ricondurre gli occhi alle mani che agiscono. Il foglio è il loro spazio di libertà e di rigore. Tanto più sono concentrati tanto più il lavoro è riuscito. A questo punto, l’arte diventa strumento per la terapia. Un esercizio che contribuisce alla formazione degli allievi che potranno a loro volta mettere la loro esperienza in pratica con i discenti del Centro diurno.
62 – Con dei precedenti notevoli che risalgono ad una generazione di psichiatri che nell’Ottocento e all’inizio del Novecento hanno prestato un’attenzione particolare ai pazienti che si esprimevano con tecniche figurative. Citiamo le collezioni dei dottori Browne. Auguste Marie, Morgenthaler, Prinzhorn, e quella dell’artista Jean Dubuffet in gran parte donate alla città di Lausanne per la creazione del Museo dell’Art Brut.
63 – Prefazione ad un testo rimasto incompiuto ed inedito “Per un nuovo modello di uso dell’arte per la terapia”, ripresa nell’introduzione al corso di Storie e modelli dell’arte-terapia tenuto da Barbara Tosi.
Professoressa di Storia dell’arte di prima fascia in diverse accademie di belle arti italiane per oltre trentacinque anni, Barbara Tosi (1949-2013) ha svolto un lavoro di critico d’arte recensendo mostre su giornali e riviste specializzate, ideando ed organizzando esposizioni in spazi pubblici. E’ in quest’ambito di lavoro, chiamato della militanza critica, che ha incontrato Franco Nuti ed il suo lavoro d’artista. Per molto tempo non aveva idea che l’artista svolgesse un altro lavoro, sino a quando nel 2004 vide una mostra presso l’Auditorium di Roma, che ospitava le opere dei suoi “particolari” allievi del Centro di salute mentale di via Monte Tomatico. Racconta allora: “sono rimasta molto colpita dalla qualità di quei lavori, che, per quanto condotti dalla guida dell’artista-professore Franco Nuti, avevano pregio ed alcuni persino una vera dignità di lavori d’arte come svolti in autonomia creativa. Dalla riflessione sui prodotti degli allievi che avevano quelle caratteristiche , è nata l’idea di lavorare per creare un biennio specialistico costruito sulle prerogative di un artista, ovvero su quelle qualità, che come doti, ma anche come nozioni acquisite nel tempo fin dentro il cuore dell’arte, con lo studio e la disciplina, che ogni artista ben conosce e attua “.
Frequentano il Centro persone affette da diversi disturbi della personalità, che vanno dalla paranoia alla schizofrenia, dalla psicosi alla depressione, etc., attraverso queste strutture lo Stato assiste i disagiati psichici.
64 – Riassunto dell’intervento di Barbara Tosi durante il seminario propedeutico al biennio specialistico di Arte per la terapia svolto nel luglio 2007, durata 5 giorni, insieme ad un gruppo di studenti.
65 – Cfr. MIchèle Humbert, intervento al convegno organizzato dall’USL del Regina Margherita (Roma) il 26 novembre 2014, inedito.
66 – Lo scambio epistolare fra i due uomini è narrato in Ludwig Binswanger, “La guarigione infinita. Storia clinica di Aby Warburg”, Vicenza 2005.
67 – Il ruolo preciso di Franco Nuti, attestato dai documenti ufficiali, è il seguente. Durante la prima fase dell’elaborazione del progetto ricopre all’interno dell’Azienda U.S.L. RM/A la funzione di “collaboratore Professionale Sanitario Esperto Direttore didattico”. In un primo momento le condizioni poste dall’amministrazione per l’approvazione del progetto è il minor costo. Per facilitare l’attivazione del biennio Nuti accetta di svolgere gratuitamente la sua attività didattica presso l’accademia. I corsi destinati ai tirocinanti svolti in via di Ripetta saranno: Principi e tecniche della terapeutica artistica (biennale) e Elementi generali di gestualità comportamento e parola nella pratica con il disagiato (annuale). Nella Convenzione fra l’Accademia e la USL è scritto: “per la realizzazione di tale attività di formazione e tirocinio, l’Azienda individua un tutor didattico di tirocinio, che mette a disposizione dell’Accademia, nella persona del Prof. Franco Nuti, fuori dal suo orario di servizio”.
68 – Dopo la scomparsa drammaticamente accidentale il 15 marzo 2013 dell’amica e collega Barbara Tosi, Michèle Humbert, accetta di riprendere il coordinamento del biennio specialistico fino al pensionamento, il 31-10-2015. Una decisione maturata per tutelare il buon proseguimento del progetto e giudicata doverosa malgrado altri impegni e responsabilità. la fase sperimentale essendo superata, la condizione posta per accettare il coordinamento è stata che i docenti che partecipano al biennio siano remunerati, compresi i collaboratori della USL, il professore Franco Nuti e la dottoressa Ersilia Lanna per il suo insegnamento di Elementi di psichiatria al secondo anno.
69 – Cfr. Franco Nuti, in Arte e Artigianato nel Centro Diurno Tomatico (catalogo della mostra Roma, a cura di Anna Maffi, Anna Giulia Pierro, Franco Nuti, 2006, p. 11. Catalogo della mostra e atti del convegno promosso dall’Università Salesiana nel maggio 2006. Seguito nel mese di giugno da una tavola rotonda intitolata “L’Arte per la terapia” alla quale partecipa Barbara Tosi.
70 – Donatella Landi (1958) responsabile del biennio di Arti multimediali e tecnologiche (2006-2017) è artista professionista riconosciuta nell’ambito delle installazioni video e sonore, usa diversi media artistici: film, foto, scultura e disegno.